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Il karate e i ragazzi

Per un ragazzo l’adolescenza è un momento molto complicato; non ci si sente più bambini, il legame con i genitori inizia a farsi più leggero, si hanno meno punti di riferimento su cui basarsi e da cui sentirsi protetti, ma contemporaneamente non ci si sente ancora in grado di assumersi responsabilità e comportamenti tali da dimostrare di essere adulti.

L’adolescenza è un momento bellissimo, fatto di voglia di scoprire, di sperimentare, ma anche fatto di insicurezze, di timori. E’ facile sentirsi liberi ma è altrettanto facile sentirsi insicuri.

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In questo, la pratica di un’arte marziale può avere un ruolo determinante. 

Molte delle insicurezze che minano il carattere di un adolescente è causato da un basso grado di autostima, ed è proprio per questo che i ragazzi più giovani sono portati ad affidarsi ad un modello che dà sicurezza ma anche importanza, che consegna risultati spesso senza il dovere necessario della fatica.

L’adolescente è facilmente influenzabile, proprio perché non è ancora dotato di una coscienza critica propria, se non quella assorbita dal ruolo parentale, in un momento però dove, come abbiamo detto, il “distacco” inizia, in maniera naturale, a farsi più marcato.

Attraverso una corretta pratica di karate, il ragazzo è portato a conoscere più in profondità sé stesso, scoprendo allo stesso tempo i propri limiti e le proprie capacità. E’ proprio in questo momento che si crea l’autostima.

Un’arte marziale, molto spesso faticosa sotto il piano dell’impegno fisico, fa scoprire al giovane capacità che molto probabilmente neanche sospetta di avere, lo aiuta a superare quelle difficoltà e quei limiti che appaiono invalicabili; l’adolescente riesce, in un certo senso, a “superarsi”, a dimostrare a sé stesso il proprio valore, a sentirsi lui stesso un modello importante.

 

Tutto ciò ha come conseguenza il fatto che non si sente né il bisogno di prevaricare, né quello di nascondersi dagli altri, si ha piena consapevolezza di sé, aumenta il rispetto di sé e quindi si riesce più facilmente a riconoscere comportamenti disdicevoli che andrebbero a minare la propria autostima. E’ più facile mantenere l’autocontrollo, nasce un senso di rispetto per gli individui che condividono gli stessi valori, ma anche fatiche e sofferenze nella pratica.

Attraverso l’allenamento di karate si percepisce che una conquista ha valore solamente se coltivata con l’impegno e la dedizione, e che risultati arrivati gratuitamente o “per caso” o per strade brevi, addirittura scorrette, non hanno la stessa qualità di quelli creati e generati da sé stessi e dal proprio impegno. In automatico, questo concetto è di facile trasposizione nella vita quotidiana, in famiglia, nella scuola, nel lavoro, nei rapporti sociali.

L’individuo cresce in piena consapevolezza di sé,  con un carattere forte ed in pace con sé stesso, senza il timore di affrontare le difficoltà della vita, proprio perché l’abitudine di fare fronte alle avversità contando solo sulle proprie capacità è un concetto di normale consuetudine nella pratica del karate.

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L’attività agonistica ha un ruolo fondamentale nella formazione del carattere di un ragazzo. Misurarsi con altri atleti consente di verificare i propri progressi e le proprie lacune, stimolando ulteriore impegno e dedizione.

Si impara l’umiltà di accettare le sconfitte, ma anche la capacità di non darsi per vinto.

La competizione nella nostra scuola è vista come un momento in cui si è in gara principalmente con sé stessi, dove vengono messe a nudo le nostre capacità e le nostre debolezze, dove si impara anche dagli altri senza coltivare invidie o gelosie, misurandosi in maniera corretta ed onesta, dando il cento per cento del proprio “io”.

Vittoria e sconfitta sono termini altamente relativi, la gara la si vince o la si perde mesi prima dell’evento, ogni istante dell’allenamento è gara, ed ogni istante può essere vittoria o sconfitta. La medaglia a fine competizione non è che un riconoscimento, niente in confronto al valore che ha una preparazione assidua in cui difficoltà di ogni genere si sono interposte fra noi e l’inseguimento del nostro scopo.

Allora, anche un atleta mai premiato, è in diritto di sentirsi vincente.

 

Conoscere a fondo sé stessi vuole anche dire imparare ad essere sinceri, non mentire al proprio io e di conseguenza non mentire agli altri. Imparare il rispetto per la disciplina, per l’impegno, per le persone che hanno condiviso il medesimo percorso è un fatto che nasce automaticamente.

Quasi inconsapevolmente si forma il proprio carattere e lo si basa su quei valori che, soprattutto nei ragazzi, sono fondamentali nel loro sviluppo e nella loro vita futura, soprattutto quella fuori dal dojo.

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